Il 14 agosto 2018, durante un forte temporale, quando è stata spostata una sezione del ponte lunga circa 200 metri, almeno 30 automobili e tre camion sono caduti da un’altezza di 45 metri sui binari della ferrovia e su due magazzini sottostanti. 43 persone hanno perso la vita.
Tra gli imputati figurano ex funzionari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti italiano, dirigenti ed esperti di una società che gestisce numerosi ponti e strade in Italia.
Sono accusati di omicidio, abuso d’ufficio e inosservanza dei doveri.
L’accusa sostiene che gli imputati sapevano che esisteva il rischio che il ponte, costruito negli anni ’60, potesse crollare e che il ponte non era stato adeguatamente mantenuto per risparmiare denaro.
Il progettista del ponte aveva raccomandato una manutenzione regolare per rimuovere la ruggine, soprattutto dovuta alla corrosione causata dall’aria di mare, e per ridurre l’effetto dell’inquinamento sulla resistenza del calcestruzzo.
Altre due società coinvolte nel caso sono riuscite a raggiungere un accordo stragiudiziale in aprile. La società di manutenzione autostradale Autostrade per Italia e la società di servizi di ingegneria Spea hanno accettato di pagare al governo 29 milioni di euro in cambio della mancata denuncia.
L’avvocato dell’ex dirigente di “Autostrade” Giovanni Castellucci ha espresso fiducia che il tribunale dimostrerà che il ponte è crollato non per insufficiente manutenzione, ma per un difetto di costruzione.
Il processo dovrebbe durare diversi anni e i primi verdetti potrebbero essere emessi dopo due anni, prevedono gli esperti.
Il ponte Morandi crollato fu demolito e ne fu costruito uno nuovo con 43 lampade in ricordo dei defunti.