La prima a venire dall’ostetrica a Jelgava è stata un’ostetrica che non era inclusa nel contratto di maternità stipulato tra l’ostetrica e SIA, ma poiché l’ostetrica inclusa nel contratto impiegava più tempo per arrivare dall’ostetrica, ha inviato un’altra collega all’ostetrica.
Quando è arrivata al parto, l’ostetrica ha svolto i suoi compiti in modo improprio e negligente, perché dopo che il bambino è nato asfissiato con l’ansa del cordone ombelicale avvolto intorno al collo e aveva difficoltà a respirare, il che può rappresentare una minaccia per la salute e la vita del neonato. L’ostetrica non ha chiamato immediatamente i servizi medici di emergenza (EMS) per trasportare la madre e il suo neonato in ospedale, con conseguenti diagnosi multiple per il neonato, tra cui asfissia alla nascita ed encefalopatia ipossico ischemica.
La seconda ostetrica è venuta dalla donna in travaglio mezz’ora dopo la nascita del neonato. Le ostetriche non registravano con la dovuta attenzione i segni vitali della donna in travaglio, così come il tono dell’utero, l’entità delle perdite ematiche nel periodo postpartum, i tempi, l’ordine e la rapidità della terapia farmacologica utilizzata. Quando l’emorragia è apparsa dai genitali della vittima, non hanno scoperto la causa dell’emorragia, non hanno stabilito una diagnosi corretta e, consentendo un ritardo ingiustificato, non hanno chiamato immediatamente l’EMS.
Quando le ostetriche hanno chiamato i soccorsi dopo più di un’ora, è stato riscontrato che la vittima era in shock ipovolemico moderato (causato da una diminuzione del volume del sangue), che è progredito fino a diventare grave, ed è stato riscontrato che era in arresto respiratorio dopo essere stata collocata in un trasporto medico di emergenza. Le misure di rianimazione effettuate per quasi un’ora non hanno avuto successo e la vittima è deceduta.
Con il loro operato le ostetriche hanno violato i principi fondamentali definiti nel Codice Deontologico dei Medici, nella Legge sui Medicinali e nel Regolamento del Gabinetto dei Ministri del 25 luglio 2006 “Procedure per la Determinazione dell’Assistenza Ostetrica”.
Il caso è stato inviato al tribunale distrettuale di Zemgale per esame.
La legge penale prescrive una punizione per il reato commesso: privazione della libertà per un periodo fino a cinque anni, privazione temporanea della libertà, supervisione della libertà vigilata, servizio comunitario o multa.
La Procura precisa che nessuna persona è considerata colpevole fino a quando la sua colpevolezza per aver commesso un reato non sia accertata secondo le procedure specificate nella legge sulla procedura penale.
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