La casa reale italiana, la dinastia dei Savoia, fu strettamente associata all’ascesa al potere dei fascisti e alla loro politica imperiale. Il risultato fu il referendum costituzionale del 2 giugno 1946 che fece dell’Italia una repubblica.

L’Italia accolse la fine della Seconda Guerra Mondiale come un Paese sconfitto e devastato. Per quasi due anni le ostilità continuavano nella penisola appenninica; L’Italia settentrionale rimase occupata dalla Germania fino agli ultimi giorni della guerra, e qui esisteva la cosiddetta Repubblica Sociale Italiana, con l’ex leader fascista Benito Mussolini a capo del governo fantoccio. Nell’Italia meridionale occupata dagli Alleati occidentali, era attivo il governo provvisorio istituito dopo la caduta di Mussolini e il Regno d’Italia continuava ad esistere nominalmente. Tuttavia, la monarchia italiana, con la cui diretta partecipazione i fascisti erano saliti al potere e avevano attuato la loro politica imperiale, aveva perso gran parte della sua autorità agli occhi del pubblico. Il movimento di resistenza italiano, dove i comunisti suonarono il primo violino, era dominato da un sentimento antimonarchico. Le idee del repubblicanesimo erano sempre state forti anche nel resto della società, radicate sia nelle idee storiche della Repubblica Romana e delle città-stato medievali, sia nell’eredità del liberalismo del XIX secolo.

Il re Vittorio Emanuele III, rendendosi conto della sua complicità nell’accaduto, nel giugno 1944 cedette tutti i poteri al figlio, il principe ereditario Umberto, nominandolo luogotenente generale del regno, cioè re ad interim. Meno di due anni dopo, Vittorio Emanuele annunciò la sua intenzione di abdicare. Umberto, ancora nella carica di luogotenente generale, firmò nel luglio 1945 il decreto sulla convocazione dell’Assemblea Costituente, mentre il governo del democristiano Alcide De Gasperi indisse nel marzo 1946 le elezioni assembleari e un referendum sull’ordinamento statale – monarchia o repubblica – che avrebbe dovuto svolgersi il 2 gennaio 1946. a giugno.

La questione del referendum è stata formulata in termini elementari: repubblica o monarchia. Il voto riflette chiaramente la tradizionale divisione del Paese tra il nord più progressista e il sud più conservatore. A Roma e nel circondario del Lazio i monarchici avevano una maggioranza minima dell’1%, ma più a sud in Sicilia e nella Puglia settentrionale si avvicinava ai due terzi, nella Puglia meridionale e nella provincia di Salerno era quasi ai tre quarti. , e a Napoli raggiunse quasi i quattro quinti. Un quadro radicalmente diverso si osserva a nord di Roma: in gran parte della Lombardia e del Veneto il sostegno alla repubblica varia dal 54% al 64%, a Mantova, Milano e Liguria supera i due terzi, in Toscana e Parma sfiora i tre. quarti, a Bologna e Ravenna si superano i quattro quinti, ma nel trentino il sostegno alla repubblica arriva all’85%.

Anche in Piemonte, da dove proveniva la dinastia regnante, meno della metà dei votanti sosteneva la monarchia. Il risultato complessivo del referendum ha dato la vittoria ai sostenitori della repubblica con il 54,3%. Il risultato non è stato molto convincente ed è stato rimesso per la valutazione alla Suprema Corte di Cassazione, che ha riconosciuto provvisoriamente la legittimità dei risultati referendari del 10 giugno, ma ha rinviato al 18 giugno la pronuncia della decisione finale. Nel frattempo, il governo De Gasperi , temendo che questo ritardo potesse sfociare in violente proteste, nonostante la mancanza di poteri costituzionali rilevanti, dichiarò abolita la monarchia. L’ultimo re italiano Umberto II di Casa Savoia ottenne il soprannome di Il Re di Maggio. Incoronato ufficialmente il 10 maggio 1946, fu costretto già ad abdicare il 12 giugno e a lasciare per sempre la sua patria. Nel suo ultimo discorso, il monarca assolse gli ex sudditi dal giuramento di fedeltà alla casa reale e li invitò a continuare ad essere cittadini fedeli della nuova Repubblica Italiana e veri patrioti.